Lo scorso 19 luglio, l’Iran chiedeva con fermezza al Pakistan la consegna di alcuni terroristi appartenenti al gruppo sunnita Jundullah, in caso contrario l’esercito della Repubblica Islamica avrebbe attraversato legalmente i confini pakistani.
La minaccia di un raid, segue l’ultimo attacco terroristico avvenuto a Zahedan, capoluogo della provincia sud-orientale iraniana del Sistan-Baluchistan, il 15 luglio, in una delle due moschee shi’ite più importanti della città, e che ha visto 27 morti e centinaia di feriti.
L’attentato, è stato rivendicato proprio da Jundullah, come reazione alla recente esecuzione del leader ‘Abd al-Malik Rigi (l’impiccagione risale al 20 giugno scorso), la cui cattura era avvenuta il 23 febbraio in circostanze e con modalità non ancora chiarite.
Jundullah (L’Esercito di Dio), è un’organizzazione di matrice sunnita che inizia ufficialmente la sua attività sotto questo nome nel 2002. Guidata da ‘Abd al-Malik Rigi, si dichiara movimento armato per la rivendicazione dei diritti della minoranza balucha. La sua principale area di azione, è la sopraccitata provincia iraniana del Sistan-Baluchistan.
Nel corso degli anni, l’Iran ha ciclicamente accusato gli Stati Uniti di sostenere e finanziare Jundullah in un gioco atto a destabilizzare la Repubblica Islamica dall’interno. Nonostante situazioni analoghe si siano già verificate in passato, come nel caso dei finanziamenti ai Taliban, e di quelli dell’amministrazione Bush figlio al PJAK (Partito per la libera esistenza del Kurdistan, gruppo militante kurdo), queste accuse sono sempre state rigettate.
Circa il Sistan-Baluchistan, ci sono alcuni elementi da prendere in considerazione nell’analisi del recente e ciclico acuirsi delle tensioni in quest’area:
a) La storica regione del Baluchistan si divide tra Iran, Pakistan e Afghanistan. Si tratta, non solo di aree estremamente povere e arretrate, ma, nello specifico caso di Iran e Pakistan, di province tra le più ampie e popolose.
b) La popolazione della Repubblica Islamica dell’Iran è per il 92% di fede shi’ita. È in questo contesto che si inserisce la questione della popolazione dei baluchi, minoranza sunnita con una propria lingua e strette relazioni con i vicini baluchi del Pakistan.
c) Secondo i report del UNODC ( United Nation Office on Drugs) l’Afghanistan detiene, già da anni, il primato della produzione mondiale di oppio (si parla di oltre il 90%), e i confini tra Afghanistan, Pakistan e Iran, sono uno dei principali teatri per crimini legati a traffico di droga, armi, riciclaggio di denaro sporco e business legato ai rapimenti. L’Iran in particolare, è un corridoio ideale per il passaggio attraverso la Turchia e verso i mercati europei.
d) Infine, l’area del Sistan-Baluchistan, è protagonista di un grande gioco strategico che ruota intorno allo storico progetto del gasdotto IPI (Iran-Pakistan-India), meglio conosciuto con l’evocativo nome di Gasdotto della Pace.
Questo ambizioso progetto vede la luce intorno al 1994, e prende lo pseudonimo di cui sopra in virtù del fatto che in origine avrebbe previsto la stretta collaborazione di due potenze storicamente in conflitto come Pakistan e India. Tensioni politiche, pressioni esterne e conflitti sui costi complessivi dell’opera, hanno fatto slittare il tutto sino ad oggi.
Il 25 giugno dell’anno corrente, proprio due settimane dopo che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è trovato a votare favorevolmente per l’imposizione di nuove sanzioni all’Iran, la Repubblica Islamica e il Pakistan, hanno firmato un accordo per avviare una versione ridotta del gasdotto (1100 km rispetto agli inizialmente previsti 2600). Nel frattempo infatti, l’India si è, almeno per il momento, chiamata fuori dal progetto, lasciando libero il campo, oltre che a un panorama fatto perlopiù di incertezze, a possibili trattative per il subentrare della Cina.
È in questo contesto estremamente instabile e in un’area oggetto degli interessi più disparati, che opera Jundullah. Certo, non solo. È infatti il Pakistan area nota per la presenza di gruppi terroristici, dai Talebani, ai Lashkar-e Tayba, o Esercito del Bene, responsabili degli attentati del 2008 a Mumbay.
Quanto alle azioni dell’Esercito di Dio, alcune tra le più clamorose, hanno avuto luogo proprio nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Ricordiamo le esplosioni e i 25 morti nella Moschea di Zahedan del 28 maggio 2009, e le 42 vittime, di cui sei alti ufficiali dei Pasdaran (i Guardiani della Rivoluzione) del 18 ottobre dello stesso anno. In entrambi i casi si trattava di occasioni simboliche (i festeggiamenti per il compleanno di Fatima, la figlia prediletta del Profeta Muhammad, e un’assemblea tra capi tribù shi’iti e sunniti), in cui poter colpire non solo civili comuni, ma anche obbiettivi di più alto livello.
Così come nel più recente caso del 15 luglio, a seguire sono state sollevate accuse dirette a ovest, accuse secondo le quali Stati Uniti e Gran Bretagna sarebbero complici del tentativo di minare una presunta unità tra shi’iti e sunniti.
Come già accennato, L’esecuzione, avvenuta il 20 giugno scorso, del capo di Jundullah, è seguita a un arresto dai contorni poco chiari. Fonti ufficiali riferiscono che la presa in consegna da parte delle autorità di Rigi, sia stata opera di un Iran solista. Affermazione non verificata e rispetto alla quale sembra più credibile l’ipotesi di un’azione coordinata tra servizi segreti iraniani e pakistani, (forse anche statunitensi e inglesi). L’agenzia Fars riferisce infatti che Rigi, intercettato su un volo Pakistan-Dubai, e fatto atterrare a Bandar Abbas, sarebbe stato precedentemente ospite di una non meglio specificata base militare statunitense.
Tornando agli ultimi fatti, se è vero che il 19 luglio le agenzie stampa di tutto il mondo diffondevano la notizia delle richieste e minacce di sconfino dell’Iran al Pakistan, è anche vero che un’ansa dell’agenzia ufficiale IRNA, appena due giorni dopo, parlava di una telefonata del Primo Ministro pakistano Sayyed Yusuf Raza Gilani al vice segretario del Primo Ministro iraniano. Argomento della comunicazione, il rinnovato impegno per una collaborazione nello sviluppo dei sistemi di sfruttamento di gas e petrolio, impegno per la presa in consegna dell’Iran del progetto per la costruzione del settore Noshki-Dalbandin di una via di collegamento tra i confini dei due paesi, impegno per gettare le basi di una maggiore collaborazione tra le regioni del Sistan-Baluchistan iraniano con il Baluchistan pakistano.
Le minacce del 19 luglio rimbalzate da un’agenzia stampa all’altra non sono da sottovalutarsi, ma non è da escludersi l’ottica di un gioco diplomatico finalizzato ad ottenere non tanto la consegna di alcuni membri del Jundullah, quanto l’ulteriore assicurazione di una stretta collaborazione per la costruzione del gasdotto, il cui progetto resta comunque fortemente incerto per molteplici questioni.
* Ginevra Lamberti è laureanda in Lingue e Culture dell’Eurasia e del Mediterraneo (Università Ca’ Foscari di Venezia)